Per me viaggiare è l’equivalente dell’effetto che l’ossigeno ha sugli alberi… vitale, come l’acqua.
Hanno provato in tanti a descrivere questo bisogno che alcuni di noi sentono, questo richiamo verso luoghi sconosciuti, culturalmente diversi da noi. C’è chi la definisce fuga, chi lo chiama “wanderlust”, io preferisco chiamarla voglia di conoscere ed esplorare il mondo in tutta la sua interezza ed unicità.
Ritrovo un pezzo di me ogni volta che varco un nuovo confine e pertanto non potrei mai farne a meno. Ma questo articolo non vuole parlare di viaggi, almeno non solo!
A gennaio sono stata in Cambogia: «Cambodge, pays du sourire» dicono.
E’ il più piccolo Paese dell’Indocina, incastonato tra Vietnam, Laos e Thailandia, dove ho potuto constatare quanto mai detto fu più vero.
Forse i più conoscono Angkor Wat, grazie anche al film Tomb Raider con Angelina Jolie, ma questo sito archeologico è solo il punto di partenza. Ci sono montagne selvagge dove vivono tigri ed elefanti, spiagge tropicali senza una persona come quelle che non si vedono quasi più, campi di riso e palme, il grande fiume Mekong…
La Cambogia si sta ancora riprendendo dalla profonda ferita inferta solo 30/40 anni fa per mano del regime di Pol Pot, che con i suoi Khmer Rouge sterminò 2 milioni di persone in circa quattro anni, ovvero un terzo della popolazione dell’epoca.
Ma oggi non è più solo una veloce tappa culturale al complesso di Angkor per poi volare in Thailandia o rifugiarsi sulle spiagge del Vietnam, da qualche anno si sta verificando un’inversione di tendenza e il millenario sito archeologico, riconosciuto patrimonio dell’umanità dall’UNESCO (1992), non è che l’inizio dell’avventura.
Io stessa sono partita proprio col visitare i templi antichi nascosti ed incastonati tra alberi dalle radici avvolgenti e millenarie, per poi spostarmi nell’entroterra fino a scendere al sud verso la costa dove ci si può imbarcare con mezzi direi quasi di fortuna per una delle isole al largo del Golfo del Siam per poi terminare il viaggio nella “moderna” capitale Phnom Penh.
La cambogia è vera, autentica, selvaggia. Lo si può anche notare dai suoi interni, lodge e resort dal gusto tropicale. Allora quale ispirazione migliore per creare atmosfere indimenticabili se non quella di una tradizionale farmhouse cambogiana.
Gusto rustico e charm inconfondibile, ritroviamo materiali naturali come tetti di paglia, legnami e mobili in legno di deriva. Un mix straordinario che ci fa respirare l’aria della libertà e del relax in mezzo al verde della giungla e l’azzurro del mare.
Se le mie parole vi hanno incuriosito date un occhiata a questi Resort e non potrete resistere dal pianificare il vostro prossimo viaggio in questa meta meravigliosa.
Qualche indirizzo utile:
- NAVUTU DREAMS RESORT & WELLNESS RETREAT, Siem Reap
Se volete soggiornare in una location da sogno e pensate che i sogni si avverino, questa è la location giusta per voi. Il Navutu dreams resort è il risultato di un sogno trasformato in realtà da tre italiani che hanno deciso di costruire il loro villaggio da sogno in Cambogia, a Siem Reap, dopo essersi innamorati della “brilliance of siam”.
per Info: http://navutudreams.com
- SALA LODGES
Se siete viaggiatori alla ricerca di un patrimonio unico nel tradizionale stile delle case di legno khmer, questo è il posto che fa per voi. Lodges in legno arredati con tutti i lussi e confort moderni.
Per Info: http://www.salalodges.com
- SONG SAA PRIVATE ISLAND, Sihanoukville
Se invece non avete problemi di budget e volete godere della privacy assoluta, potrete prenotare un isola privata intera! Il Song Saa private island sorge sulle isole gemelle di Koh Ouen e Koh Bong, conosciute localmente come Song Saa (che significa “the Sweethearts” in khmer), qui verrete ospitati in un contesto di foreste pluviali vergini, scogliere tropicali e spiagge bianche scintillanti. Collegate da ponti pedonali nel mezzo di una riserva marina, il resort vanta 27 ville di lusso intime, dalla bellezza naturale e con nuovi standard di eco-sostenibilità.