Il lungo weekend dell’arte a Torino si è concluso, tante le mostre presenti in città in occasione di Artissima. In questi giorni, passeggiando tra opere d’arte e installazioni concettuali di dubbia interpretazione mi sono chiesta se la creatività è “cosa” che appartiene solo agli artisti, soprattutto me lo sono chiesta ascoltando i commenti dei visitatori e di amici con i quali ho condiviso le visite a Paratissima, The Others etc…
Mi sono resa conto che ancora oggi termini come “creatività” e “persona creativa” abbiano una connotazione quasi negativa, i creativi sono ancora considerati quelli strani, bizzarri e forse un pò fannulloni; per fortuna si sta finalmente cominciando a rivalutare e ad apprezzare la creatività in quanto tale, e soprattutto a valorizzarla.
Ciononostante, tendiamo ancora a considerarla come un’attività stravagante ed eccentrica; qualcosa che appartiene al regno della fantasia e dell’immaginazione e che non può di certo risolvere problemi sul piano pratico.
A tal proposito, una ricerca quantitativa condotta da Eurisko – volta a indagare cosa gli italiani pensino della creatività – mostra che per la maggior parte delle persone questa sia relegata alla genialità, pochi accostano questo tipo di capacità alla competenza, alla motivazione, alla tenacia.
Ma soprattutto, questo studio mette in luce come la creatività sia associata molto più all’arte che alla scienza. Il quadro è quello di un paese in cui la creatività è mera decorazione, certamente bella, ma assai poco utile .. ecco che quindi gli artisti, i creativi divengono creature strane che vivono in un mondo tutto loro, poco pratico e molto filosofico.
Il pensiero comune è proprio questo: la creatività appartiene agli artisti; si rivela nella tela di un pittore, esce dallo spartito musicale, si racconta in un romanzo; è una dote innata e quindi difficilmente migliorabile e apprendibile. La creatività è caratteristica del regno della fantasia e quindi non è funzionale alle aziende o applicabile ad altri campi.
Ma è davvero così?
Molte aziende stanno rivalutando il ruolo della creatività nel processo di innovazione; infatti, una recente indagine del Sole 24 Ore mostra come 2 imprenditori su 3 ormai considerino la creatività indispensabile per il successo.
A conti fatti, i processi creativi dai quali prendono vita una canzone, l’idea di un nuovo prodotto, un servizio o un romanzo mostrano molte somiglianze.
La bellezza della creatività e del processo creativo sta nel realizzare qualcosa a cui nessuno aveva pensato prima, possiamo dire che la creatività consiste in due attività diverse:
- Scoprire qualcosa che c’era già ma che nessuno conosceva
- Inventare qualcosa che prima non c’era
Una delle definizioni più comunemente accettate di creatività l’ha data, ironia della sorte, un matematico:
“La creatività è la capacità di unire elementi preesistenti in combinazioni nuove, che siano utili.” Henri Poincaré.
Il mondo è pieno di creativi: ci sono i geni (delle scienza o delle arti), ma esiste anche la creatività quotidiana, come quella di una mamma che inventa un piatto fantasioso per far mangiare le verdure al figlio.
A muovere le persone sono il coraggio e la curiosità. A tal proposito siamo soliti pensare che la creatività sia qualcosa di innato, una sorta di dono o talento per cui o ci nasci o niente non fa per te. In realtà le cose sono ben diverse: La creatività si può imparare, si può perfezionare: il talento da solo, senza metodo e studio, serve a poco.
Creatività non è sinonimo di trasgressione, NON è fare cose bizzarre: la creatività è fare la cosa giusta, nel momento giusto e nel modo più efficace seguendo un processo creativo che possiamo riassumere così:
- Fare le domande giuste
A volte la creatività consiste nel farsi una domanda che nessuno si era fatto prima. Qualsiasi novità (che sia un prodotto o un servizio ecc.) che un’azienda o una persona singola può partorire ha alla radice la capacità di sviluppare nuove idee creative. La maggior parte delle aziende oggi sono ansiose di risolvere i problemi, cercano le risposte prima di formulare le domande più rilevanti. In realtà, il modo più semplice, più rapido e più efficace per trovare buone risposte è farsi buone domande.
“Giudicate un uomo dalle sue domande più che dalle sue risposte” diceva Voltaire.
Farsi domande è un atto creativo: l’espressione di un atteggiamento che comprende curiosità, pensiero indipendente, apertura mentale, capacità di negoziare con il caos e l’incertezza.
Il pensiero creativo è generativo, innovativo, possibilista, originale e ci permette di formulare idee.
Vi chiederete quali sono le giuste domande? Per fare delle buone domande, dobbiamo dimenticarci tutte le risposte che pensiamo di conoscere già, ecco allora che il nostro atteggiamento mentale cambia.
- Avere uno sguardo d’insieme e cambiare prospettiva
Nella maggior parte dei casi tendiamo a focalizzarci su ogni singolo dettaglio, ma saper cambiare prospettiva è una questione di creatività: aiuta a vedere le soluzioni nascoste dietro ogni angolo. Nell’idea di prospettiva, infatti, è implicito il concetto di punto di vista: la posizione da cui si osserva. Modificandola, si cambia sempre anche la cosa osservata. Saper cambiare prospettiva trasformando volontariamente il punto di vista è uno strumento di creatività.
La visione d’insieme e il cambio di prospettiva aiutano a scoprire nuove soluzioni.
- Cosa dice il prodotto (o qualsiasi cosa sto pensando di creare) di sé?
Un nuovo prodotto, di qualunque tipo sia, deve portare con sé il suo contenuto, vale a dire ciò che di quell’articolo può essere detto e comunicato.
Noi non consumiamo più soltanto prodotti, consumiamo il loro significato. E rendere chiaro questo significato è il vero compito della comunicazione al servizio delle imprese.
La creatività può davvero diventare il motore di sviluppo per le aziende, è una risorsa che va accudita e può applicarsi sia ai prodotti che ai processi.
Da una ricerca è emerso che le aziende valutate più creative:
• nel 65% dei casi avevano ottenuto migliori risultati in termini di reddito;
• fino all’80% dei casi avevano ottenuto maggiore successo in termini di competitività.
Possiamo dire che la creatività permette di creare valore aggiunto e questo si traduce sia in una fidelizzazione dei clienti che in un aumento dei profitti.
Per cui, invece che chiedersi perché parlare di creatività in ambiti diversi da quelli soliti e racchiusi tra le porte delle gallerie d’arte o di un teatro, bisognerebbe chiedersi: perché non parlare di creatività in tutti gli altri ambiti?